Sempre dall’epoca romana, invece, arrivano interessanti testimonianze di come il sughero fosse di uso comune nella quotidianità, sia nei tranquilli periodi conviviali che nell’uso bellico. Da diversi autori ci giungono citazioni sul sughero, a volte perché utilizzato fisicamente per le sue proprietà, spesso come elemento figurato di paragone, per definire leggerezza, aiuto e finanche volubilità. Da tutte le citazioni emerge un immaginario positivo legato al sughero, che è sempre legato ad eventi costruttivi nella vita dei protagonisti.
Marco Porcio Catone (234 a.C. – 139 a.C.) nel suo De re rustica17, per primo ci indica chiaramente l’utilizzo del sughero come materiale per la tappatura delle anfore vinarie:
Mustum si voles totum annum habere, in amphoram mustum indito, et corticem oppicato, demittito in piscinam, post trigesimu diem eximito, totum annum mustum erit.
Se vuoi avere del mosto tutto l’anno, devi mettere il mosto in un’anfora, tapparla con il sughero e la pece, e sprofondarla in una vasca di acqua. Toglila dopo 30 giorni e il mosto durerà tutto l’anno
Nella letteratura latina, però, il sughero è spesso utilizzato come figura allegorica della leggerezza dell’aiuto che può venire dall’anima.
Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.) cita il sughero due volte nell’Eneide18 e ci fornisce spunti interessanti su usi diversi dello stesso in ambito militare:
Virgilio – Eneide – liber VII, 742
Nec tu carminibus nostris indictus abibis,
Oebale, quem generasse Telon Sebethide nympha
fertur, Teleboum Capreas cum regna teneret,
iam senior; patriis sed non et filius arvis
contentus late iam tum ditione premebat
Sarrastis populos et quae rigat aequora Sarnus
quique Rufras Batulumque tenent atque arva Celemnae
et quos maliferae despectant moenia Abellae,
Teutonico ritu soliti torquere cateias;
tegmina quis capitum raptus de subere cortex,
aerataeque micant peltae, micat aereus ensis.
Né tu nei nostri versi sarai ignorato, Ebalo, che Telone generò dalla ninfa Sebetide, si dice, quando dominava Capri regno dei Teleboi, ormai vecchio; ma il figlio, non contento dei campi paterni, già allora in suo dominio teneva, estesamente, i popoli sarrasti e le terre che il Sarno irriga, e chi abita Rufra, Batulo e i campi di Celemna, e quelli sui quali stendono la vista le mura di Abella produttrice di mele, avvezzi come i Teutoni a lanciare cateie; ad essi copre il capo la corteccia strappata dal sughero, scintillano gli scudi rivestiti di bronzo, scintilla la spada di bronzo.
Virgilio – Eneide - liber XI, 554
omnia secum
versanti subito vix haec sententia sedit:
telum immane manu valida quod forte gerebat
bellator, solidum nodis et robore cocto,
huic natam libro et silvestri subere clausam
implicat atque habilem mediae circumligat hastae;
E dopo aver meditato tutto tra sé, prese una decisione improvvisa: all’asta enorme che da guerriero reggeva nella sua forte mano, solida per i nodi e il legno riarso, legò la figlia, fasciandola col sughero e la corteccia silvestre, e la collocò in equilibrio a metà dell’astile; poi, palleggiandola con la forte destra, si rivolse al cielo
Nelle satire di Aulo Persio Flacco (34 d.C. – 62 d.C.)21 si fa anche riferimento al sughero, però in questo caso in modo negativo. Se ne evince la necessità di estrarlo dalla pianta, perché la sua presenza viene ricondotta a un senso di soffocamento. Anche in questo caso se ne deriva l’utilizzo diffuso e la profonda conoscenza popolare della sua lavorazione
Aulo Persio Flacco – Satire I
"Arma uirum", nonne hoc spumosum et cortice pingui
ut ramale uetus uegrandi subere coctum?'
quidnam igitur tenerum et laxa ceruice legendum?
"Le armi e l'eroe" non vi sembra schiumoso e di spessa corteccia, quasi un vecchio ramo soffocato da un eccesso di sughero?". Qualcosa dunque di tenero, da leggere con la nuca rilassata?
Nelle sue Vite Parallele, Plutarco (46 d.C. – 125 d.C.) ci narra, in Camillo XXV22, che il condottiero Camillo, assediato dai Galli, trovò nel giovane Ponzio Cominio un volontario per essere inviato a Roma come messaggero. Il giovane, prosegue Plutarco, fu vestito con una misera tunica larga, ma sotto indossò “i sugheri”:
Tra i giovani c'era Ponzio Cominio, di nascita ordinaria, ma ambizioso d'onore, che si offrì di correre il rischio e non prese lettere con lui per quelli in Campidoglio, per timore che, se fosse stato intercettato, il nemico potesse venire a conoscenza delle intenzioni di Camillo; ma, indossando una veste povera e portando sotto il sughero, percorse coraggiosamente la maggior parte della strada di giorno e venne in città quando era buio; non poteva passare il ponte, poiché era sorvegliato dai barbari; così che prese i suoi vestiti, che non erano né molti né pesanti, e li legò intorno alla sua testa, pose il suo corpo sul sughero, e nuotando con loro, raggiunse la città.
In seguito Plutarco ci narra che allo stesso modo, ricevuta la risposta del Campidoglio, il giovane tornò indietro, sempre utilizzando il sughero per galleggiare sulle acque.
17 Catonis, M; Varronis, M. Terentius; Columella, Lucio Moderatus; Palladius M. Libri de re rustica. Venezia: 1514.
18 Virgilio Publio. Eneide. Edizioni Accademia; 2008.
21 Vaucher-de-la-Croix Joel. Le « Satire di Persio » tradotte da Vincenzo Monti . Università degli Studi di Firenze, , 2013.
Luciano di Samosata (in greco antico: Λουκιανός ὁ Σαμοσατεύς, Loukianós ho Samosatéus, in latino: Lucianus Samosatensis; Samosata, 120 circa – Atene, tra il 180 e il 192) è stato uno scrittore, retore e filosofo siro di lingua greca antica, celeberrimo per la sua arguzia e per la forte irriverenza dei suoi corrosivi scritti satirici.
Il poeta Quinto Orazio Flacco (65 a.C. – 8 a.C.) nella raccolta degli Epodi (V)19, in modo molto poetico assimila il sughero all’aiuto che viene dato ai fanciulli per crescere e lo cita in un modo che potrebbe essere tradotto “potrai camminare da solo”.