Arcadia è una moderna provincia greca, vista però nel corso della storia della letteratura come un mondo idilliaco.
Konstantin Makovsky, Arcadia felix, 1890, collezione privata
Si presenta infatti come una regione montuosa, inabitata per via della sua topografia: prevalentemente occupata da pastori, ha assunto nella poesia e nella mitologia i connotati di sogno idilliaco, in cui non era necessario lavorare la terra per sostenersi, perché la natura provvedeva già a donare all'uomo il necessario per vivere.
Nicolas Poussin, Et in Arcadia ego o I pastori arcadi, 1639, Parigi, Museo del Louvre
Secondo la mitologia greca, l'Arcadia del Peloponneso era un possedimento di Pan, la deserta e vergine casa del dio della foresta e la sua corte di driadi, ninfe e spiriti della natura. Viene spesso identificata come una sorta di paradiso terrestre, abitato però solamente da entità sovrannaturali, non un luogo in cui le anime si rifugiassero dopo la morte. Un paradiso terrestre, quindi, non il luogo promesso alle anime degne.
Sebastiano Ricci, Baccanale in onore di Pan, 1716, Venezia, Galleria dell’Accademia
L'Arcadia è rimasta un soggetto artistico sin dall'antichità, sia nelle arti visuali, sia in letteratura. Le immagini di bellissime ninfe che giocano e corrono in una rigogliosa foresta sono state frequenti fonti di ispirazione per pittori e scultori.
La stessa mitologia greca è fonte di ispirazione per il poeta romano Virgilio nello scrivere le sue Bucoliche, una serie di poemi la cui ambientazione è molto simile a quella dell'Arcadia. Chi ha frequentato un liceo e ha studiato il latino non ha sicuramente scordato Titiro e Melibeo sotto il frondoso faggio.
Titiro e Melibeo dal foglio 1 delle Bucoliche in un codice miniato medievale, Roma, Musei Vaticani
Il risultato poi dell'influenza virgiliana nella letteratura medioevale, come ad esempio lo è nella Divina Commedia, l'Arcadia è diventato il simbolo della semplicità dello stile di vita dei pastori, del loro attaccamento alla Natura. L’Arcadia è chiaramente il paesaggio che appartiene a Pan.
La più accreditata versione della genesi di Pan è quella dell'Inno omerico, in cui vengono indicati quali genitori il dio Hermes e la dea Persefone.
Pausania nella sua descrizione della Grecia dice:
Uno stadio lontano dal sepolcro di Epaminonda è il tempio di Giove di soprannome Carmone. Gli Arcadi hanno nelle selve varie specie di querce: ed altre addimandano di larghe foglie; altre faggi: la terza specie ha una corteccia così tenue, e leggiera, che di essa fanno nel mare alle ancore, ed alle reti i segni. La corteccia di questa quercia dagli altri Joni, e da Ermesianatte autore delle elegìe viene nominata sughero. Una via porta da Mantinèa a Metidrio, ora non più città, ma castello unito ai Megalopoliti.11
Presumibilmente il santuario era situato vicino al punto in cui una volta Pan era apparso (come voce) al messaggero ateniese Filippide, del quale poi Luciano di Samosata ci regalerà l’impresa della corsa da Maratona ad Atene.
Il padre di Pan, Hermes, è l'inventore della lira (ottenuta dal carapace di una tartaruga di montagna dell’Arcadia), uno strumento per fare musica, ma che lui stesso la suona una sola volta, come per testare la perfezione del suo nuovo strumento di inganno uditivo. Dopo aver testato lo strumento, lo passa ad Apollo, di cui diventa un attributo molto prezioso.
Lira lignea con cassa armonica in guscio di tartaruga, restaurata da originale ellenico, Londra, British Museum
L'invenzione della lira illustra anche qualcosa di molto importante sulle preferenze ecologiche di Hermes nelle montagne dell'Arcadia. La sua prospettiva sulla landa selvaggia verticale è fino a che punto è possibile utilizzarla per il bene della civiltà umana. Quando viene avvicinato dall'intelligente Hermes, il deserto si trasforma in civiltà. La tartaruga selvaggia di montagna dell'Arcadia si trasforma in uno strumento musicale, che, come attributo di Apollo, è il simbolo più potente della cultura umana civilizzata. Con un movimento rapido e impercettibile, Hermes si muove tra la civiltà e la natura selvaggia e crea sacche di civiltà nei luoghi più remoti e selvaggi.
Apicoltura, produzione di formaggio in montagna, raccolta di erbe di montagna e raccolta della corteccia della famosa quercia da sughero arcadica, tutte queste sono attività tipicamente di Hermes che creano isole di civiltà nella natura selvaggia.
Dall'esempio dell'invenzione della lira e di altre attività ermetiche sui monti arcadici segue che Hermes e Pan non hanno effettivamente diviso questi paesaggi tra di loro. È piuttosto la questione di una divisione del lavoro all'interno dello stesso paesaggio.
In opposizione alla pratica "ermetica" e alla tradizione arcadica di produrre lire dalle tartarughe di montagna, gli "uomini di montagna" sottolineano un altro atteggiamento nei confronti dell'ambiente, un atteggiamento, che in termini moderni avremmo chiamato conservazione della diversità biologica.
Proprio come la tradizione di produrre lire di tartaruga di montagna è legata a un antico arcadico (Hermes), il divieto di fare lire dalle tartarughe di montagna è legato a un altro antico arcadico (Pan). All'orizzonte dell'antico presente storico, la regolazione tradizionale di queste montagne arcadiche rappresenta strategie opposte nello sfruttamento delle risorse naturali.
Nell'esempio della tartaruga, la memoria di Hermes proietta la tecnologia culturale e lo sfruttamento sul paesaggio, mentre Pan rappresenta la conservazione della diversità biologica12.
Il dono di Hermes all’umanità, per la vita nel paradiso terrestre, sono dunque poche cose, non considerate un lavoro, ma un raccolto, in linea con l’essenza dell’Arcadia.
Sono dunque il sughero, l’allevamento delle api (in arnie di sughero, come si vedrà in seguito) e la produzione del formaggio di montagna (caprino e ovino) che nell’antica tradizione si faceva in contenitori in sughero.
Arnie tradizionali in sughero - Spagna
Dunque si può sicuramente affermare che nella mitologia classica, accanto alle storie di dei, semidei e umani intrigate come la più banale delle soap opera, il dono degli dei agli uomini fu, tra le altre cose, il sughero.
Non va dimenticato, infatti, che tutto il concetto di filosofia, tanto cara alla cultura ellenistica, parte dal presupposto che l’uomo dovesse vivere di quanto gli veniva offerto dalla natura per avere il tempo di dedicarsi al pensiero.
Si può poi certamente ricordare, per rimanere in tema di sughero, il mito di Aristeo.
La nascita di Aristeo avvenne in Libia, dove Apollo aveva portato Cirene dopo il rapimento. Hermes assistette al parto e le sue ninfe si presero cura di lui insegnandogli l'arte della pastorizia, come produrre il formaggio, l'apicoltura e la coltura dell'ulivo.
Educato dal centauro Chirone alla guerra e alla caccia, egli dedicò la sua vita ad allevare api e a fare il pastore. Una volta diventato adulto, sposò Autonoe e da questa unione nacque Atteone.
Albrecht Durer, Cupido ruba il miele a Aristeo, 1514, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Si trasferì in Beozia dove apprese dalle Muse le tecniche di caccia, la medicina e come custodire le greggi. Si invaghì così intensamente della amadriade Euridice da tentare di farla sua poco prima che andasse in sposa a Orfeo: nell'inseguimento che seguì Euridice riuscì più volte a sfuggirgli, finché accidentalmente calpestò un serpente velenoso che la uccise con il proprio morso. Per vendetta, le altre ninfe distrussero i suoi alveari.
Cirene, sua madre, consigliò allora ad Aristeo di placarne l'ira offrendo loro dei capi di bestiame, lasciandoli sul suolo e tornando sul luogo dopo nove giorni.
Così fece ed al suo ritorno trovò uno sciame d'api nelle carcasse che lo ripagò ampiamente della perdita subita. Dopo la tragica morte del figlio Atteone, Aristeo si ritirò nell’isola di Cos su consiglio di un oracolo di Apollo.
La trovò devastata dalla peste, per cui l'eroe fermò l'epidemia con un sacrificio a nome di tutti i Greci e si dedicò a farla ripopolare e a trasmettere le sue conoscenze alla popolazione.
Egli stesso lasciò due figli a Cos: Charmos (Grazia) e Callicarpo (Belfrutto).
Andò poi in Sardegna – passando dalla Libia – e fu il primo che la incivilì; passò poi in Sicilia, dove portò anche lì la sua conoscenza della coltivazione dell'ulivo agli abitanti.
Finalmente si trasferì in Tracia, ove Dioniso lo prese a benvolere e gli trasmise molte conoscenze e lo iniziò ai riti segreti. Infine si stabilì sul monte Emo per poi scomparire senza che se ne abbia più notizia.
Aristeo venne onorato come un dio in molte località della Grecia per aver insegnato agli uomini l'apicoltura, la produzione del formaggio e la pastorizia. Particolare onore aveva in Sicilia, dov'era una delle divinità campestri, con una statua eretta a Siracusa nel tempio di Bacco.
Venne talvolta assimilato al dio Pan. Il culto di Aristeo era diffuso anche presso le popolazioni nuragiche della Sardegna, ciò lo dimostra una statuina raffigurante il dio rinvenuta a Dule, nel territorio di Oliena. È considerato il fondatore della città di Cagliari quando giunse in Sardegna dalla Beozia, come narra lo scrittore latino Gaio Giulio Solino.
François Joseph Bosio, Aristée, dieu des jardins, 1817, Louvre, Parigi
Aristeo introdusse in Sardegna l'arte di far il formaggio (in contenitori di sughero, come tradizione), l'olio, e il modo di allevare le api per averne il miele e la cera (in arnie di sughero, come vedremo in seguito); riappacificò le popolazioni indigene in lotta fra di loro e fondò appunto la città di Caralis, sulla quale in seguito regnò. Secondo Sallustio e Pausania, Aristeo venne accompagnato in Sardegna da Dedalo, malgrado l'evidente anacronismo. Dedalo sarebbe l'artefice delle imponenti opere dedalee (i Nuraghe) presenti sull'isola13.
Dunque anche l’utilizzo del sughero in Sardegna per gli usi quotidiani deriva dal mito dell’Arcadia.
11 Pausania. Pausanias Descrizione della Grecia di Pausania - vol. 3. vol. 3. Roma: liberliber; 1817.
12 Bakke Jorgen. Forty rivers. Universitetet i Bergen, , 2007.
13 Wikipedia. Il mito di Aristeo. Available at https://it.wikipedia.org/wiki/Aristeo. Accessed March 9, 2021, n.d.
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